ARTE PER DIFENDERE I DIRITTI

Intervista a Nzinga Christine Blake, Executive Producer, Race and Culture
presso Walt Disney Television

di Candace Amarante*

Parliamo un po’del tuo background

– Correva l’anno 1981 quando, l’8 gennaio, si è verificato l’evento benedetto……sto scherzando! Sono nata nel Maryland, ma ho trascorso la maggior parte della mia infanzia prima a Tokyo, in Giappone e poi a Nairobi, in Kenya. In entrambi i casi ho frequentato scuole internazionali, il che è alla base della mia passione per la narrazione multiculturale. Tornati negli Stati Uniti, ci siamo trasferiti a Munster, nell’Indiana. E’ stato uno shock per me. Ero l’unica studente nera della mia classe e ho incontrato il razzismo. Constatato che i ragazzi della mia classe avevano visioni molto stereotipate dei neri, ho cominciato a prestare maggiore attenzione ai media. La triste realtà è emersa rapidamente: la televisione era quasi completamente ‘segregata’ con la maggior parte degli spettacoli dedicati ai bianchi e solo alcuni spettacoli dedicati ai neri. Nessuno di questi rifletteva la mia realtà personale. Nelle scuole internazionali in Giappone e Kenya eravamo circondati da persone di paesi diversi, con culture e background religiosi diversi, cosa che era vista come una ragione per avvicinarsi gli uni agli altri piuttosto che come un elemento di segrazione. Visto lo stridente constrasto negli Stati Uniti, mi sono ripromessa una carriera nel cinema e nella televisione, in modo da poter creare progetti che riflettessero la mia esperienza.

Come sei entrata in questa linea di lavoro?

– Ho studiato alla School of Film, Television and Digital Media dell’Università della California di Los Angeles (UCLA), dove mi sono specializzata in produzioni televisive con e senza sceneggiatura. Lavorando sulla tesi, ho incontrato un manager che mi ha spinto a considerare lavori davanti alla telecamera piuttosto che come regista e produttore. Così, dopo essermi laureata, ho ottenuto il mio primo lavoro come co-presentatore in “Fridays”, uno show su Cartoon Network. È così che ho iniziato la mia attività. Dopo Cartoon Network, ho trovato lavoro come presentatrice, sceneggiatrice e produttrice a Current TV, un canale co-fondato dall’ex vicepresidente Al Gore. Si trattava di un canale differente con lo scopo esplicito di dare voce alle comunità di tutto il mondo. Per di più, mi dava la possibilità di scegliere personalmente le storie da raccontare negli show di cui ero presentatrice. Dopo questa esperienza, ho capito che volevo intraprendere la carriera di narratore a impatto sociale.

Cos’è Social Media Impact Entertainement?

– Si tratta di un genere che utilizza diversi formati di media per affrontare le questioni sociali con l’obiettivo di creare consapevolezza e ispirare azioni e cambiamenti sociali positivi.

Parliamo ora del tuo ruolo di produttore esecutivo presso Tribune Media per il quale hai ricevuto un Emmy Award

– Ho creato, per le stazioni di Tribune Media in tutta la nazione, una piattaforma di narrazione incentrata sulle comunità sottorappresentate ed emarginate. Questa piattaforma, che abbiamo chiamato VOICES, evidenzia in formati di documentario stilizzati e brevi per più piattaforme, storie che di solito passano inosservate. All’interno di VOICES ho creato e lanciato tre serie (Allies, Mental State e TRANSFORNATION) in collaborazione con Google News Initiative. Questo lavoro è stato nominato per quattro Emmy dalla National Academy of Television Arts and Sciences e un episodio della serie, Mental State, ha ricevuto un Emmy Award.

Come selezioni le storie che decidi di raccontare / mostrare?

– Ho lavorato con produttori di varie stazioni in tutto il paese e abbiamo identificato problemi sociali che interessano gruppi sottorappresentati ed emarginati nelle loro comunità. Abbiamo contattato persone, organizzazioni non profit e leader della comunità, che poi ci hanno indirizzati a persone interessate a raccontare le loro storie.

Diciamo qualcosa degli spettacoli per i quali hai ricevuto le nomination agli Emmy

– Abbiamo ricevuto due nomination per la serie Allies e due nomination per la serie Mental State. Lo scopo di Allies (“Alleati”) è quello di attirare l’attenzione dei media su quelle persone che si adoperano nell’interesse di quei gruppi che affrontano discriminazioni sistemiche. Ad esempio, i due episodi di Allies per i quali abbiamo ricevuto nomination agli Emmy parlano di quelle persone che si battono per eliminare le disparità nell’assistenza sanitaria materna per le madri nere, per le quali, in California, si osserva una percentuale più alta di decessi correlati alla gravidanza. Uno degli episodi ha come protagonista un comico di Los Angeles che usa i suoi show per cambiare il modo in cui la salute mentale materna, in particolare la depressione postpartum, viene percepita nella società. La serie Mental State, invece, è dedicata al problema della salute mentale ed esplora le sfide che le comunità americane devono affrontare nel tentativo di normalizzare la conversazione sul benessere mentale. Abbiamo ricevuto una nomination per l’episodio Mental State incentrato sullo stato mentale di quei ragazzi che, all’avvicinarsi dei 18 anni, sono in procinto di essere cacciati dal sistema di affidamento. Ed ho ricevuto l’Emmy Award per l’episodio Mental State: Separated, che solleva consapevolezza sullo stato mentale delle famiglie lacerate dalle deportazioni dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) e sul trauma che i bambini devono affrontare quando i loro genitori sono deportati.

Quali sono i tuoi progetti futuri nel campo dell’intrattenimento a impatto sociale?

– Ho alcuni progetti sceneggiati che mi piacerebbe produrre. Questi sono incentrati su questioni come i diritti umani, la salute mentale, la giustizia sociale e i diritti delle donne. Mi sembra che sia il momento giusto per questo tipo di progetti che possono, da un lato, intrattenere e informare e, dall’altro, incoraggiare il pubblico ad agire. Adoro il fatto che l’arte e la narrazione abbiano il potere di farlo.

Il tuo più alto risultato nella tua carriera fino ad ora?

– Sicuramente il premio Emmy! Onestamente non pensavo che ne avrei vinto uno così presto. Non so perché. Ti dimostra solo che tutto è possibile quando lavori duramente su cose che ti appassionano!

Un consiglio per giovani e aspiranti narratori

– Usare i loro social media come canali. Con YouTube, Instagram, TikTok, Snapchat e Facebook, non c’è motivo per non creare e costruire un seguito. Bisogna usare queste piattaforme per rappresentare ciò che si rappresenta come narratore. Ancora più importante: tenersi informati, leggere e preoccuparsi della situazione degli altri, soprattutto se si è nella posizione giusta e si ha la piattaforma per fare la differenza.

Se ci fosse una cosa che avresti potuto cambiare durante il tuo viaggio come persona creativa, quale sarebbe e perché?

– Sarebbe stata la mia mentalità. Vorrei non aver avuto tanta paura di condividere il mio lavoro all’inizio della mia carriera. Ero così inconsapevole del mio potenziale a causa della paura.

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